I telegrafi ottici delle Due Sicilie - I Telegrafi delle Due Sicilie

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Entrata di Napoleone a Berlino il 27 ottobre 1086, Charles Meynier, Châteaux de Versailles.

Schema degli scambi commerciali in Europa danneggiati dal Blocco Continentale imposto da Napoleone.
Modellino di una postazione della macchina semaforica Depillon nella versione realizzata dal capitano di vascello Louis Léon Jacob (1805). J. van der Vliet, 2016, 'anonymous, Model of an Optical Telegraph, Netherlands, c. 1800', in J. van der Vliet and A. Lemmers (eds.), Navy Models in the Rijksmuseum, online coll. cat. Amsterdam: hdl.handle.net/10934/RM0001.collect.244862.
Semaforo Depillon nella rada del porto di Cherbourg (Fr). Da"La rade de Cherbourg" (particolare) di Louis Philippe Crépin 1822, Musée national del la Marine, Parigi.
Particolare del progetto per l'installazione di semaforo "Depillon" all'interno di una torre di sorveglianza costiera delle due Sicilie (1807 circa) A.S.NA. Sez. Militare  S.G.M. Vol. 468 vol. non mum.
Il dominio napoleonico sull'Italia (1812)
Ammiraglio Luis Léon Jacob introdusse a Napoli il sistema di segnalazione costiero Depillon (semafori).
Palazzo "Salerno"  (Napoli),  sul tetto dell'edificio indicata la macchina di segnalazione della prima stazione semaforica installata dai francesi il 9 giugno 1807.
Torraro 1806
Torraro in uniforme dell'armata franco-napoletana di Giuseppe Napoleone (1806). Disegno di Quinto Cenni. General Research Division, the New York Public Library Digital Collections. 1910: "Italy. Kingdom of the Two Sicilies, 1806-1808 [part 3].
Schema costruttivo di un semaforo "Depillon"
Guardiamarina in piccola tenuta nel cortile dell'Accademia di Marina murattiana (Napoli, convento dei SS. Severino e Sossio, attuale sede dell'Archivio di Stato). Con la riforma dell'Accademia di Marina del 1813, furono inserite nel piano di studi le esercitazioni pratiche delle "tecniche di segnalazione e corrispondenza telegrafica e semaforica".
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La Telegrafia Visuale |  Il servizio semaforico del regno delle Due Sicilie

Tra i lasciti del “decennio francese”, il regno delle Due Sicilie poté avvalersi d’un moderno ed efficiente sistema di telegrafia visuale collocato lungo la frontiera marittima dei domini al di qua del Faro.
L’origine di questa infrastruttura è da far risalire ai primissimi anni dell’Ottocento, allorché lo scontro tra Inghilterra e Francia segnò l’apertura di un nuovo fronte, quello della guerra al commercio continentale.
All'assedio inglese dei porti dell’impero francese, Napoleone, con il decreto di Berlino del 21 novembre 1806, rispose ponendo in stato di blocco le isole britanniche, vietando ogni commercio da e per l'Inghilterra.
La sconfitta di Trafalgar, e la perdita di qualsiasi significativa iniziativa sul fronte marittimo, spinse Bonaparte ad adottare una strategia d’indebolimento della capacità politica, militare ed economica dell’Inghilterra, costruita attorno un sistema di misure legislative ed accordi, ma anche di dura repressione militare, con i quali tentò d'impedire l’accesso delle merci britanniche ai mercati continentali.
Per chiudere i porti alle navi che avessero toccato uno scalo considerato “inglese”, lungo le coste dell’impero francese e dei paesi satelliti fu istituita una cintura di controllo del traffico marittimo attrezzata con un nuovo modello di telegrafo ottico: il Semaforo.
Il dispositivo fu progettato tra il 1801 ed il 1804 dall'ufficiale d'artiglieria Charles Depillon [1], preoccupato di porre rimedio ai limiti imposti alla comunicazione militare costiera dall'uso delle bandiere, troppo vincolate al vento ed alle condizioni di visibilità. Depillon risolse il problema proponendo un segnale digitale, visibile a distanza, trasmesso tramite la macchina di sua progettazione, di semplice costruzione e facile trasporto, destinata alle postazioni di vedetta costiere.  
Il Semaforo, la cui etimologia rimanda al “portatore di segnale”, al pari degli altri sistemi di telegrafia visuale fu inserito in una catena di segnalazione costruita dislocando questi apparecchi lungo i litorali, in posizione cospicua, l’uno a portata visiva dell’altro.
L’uso d’un linguaggio cifrato consentì di trasmettere alle autorità militari le notizie raccolte sul traffico marittimo, di dare segnali, avvisi, ordini, alle unità in transito e di riceverne informazioni su nazionalità, equipaggio, carico, provenienza, destinazione e stato sanitario. A differenza del sistema Chappe, costituito da un unico braccio segnalatore articolato in tre parti mobili, il Semaforo consentì grande leggibilità dei segnali grazie alle tre grandi “ali” o “rami” ben distanziate tra loro [2].
In origine la macchina di Depillon si montava e smontava in un quarto d'ora, facilmente trasportabile, realizzata in lamiera, con tre ali articolate dotate di due dischi che avrebbero permesso di inviare quasi 900 segnali distinti di giorno e di notte, grazie a lanterne adattate alle estremità delle ali. Le segnalazioni avevano luogo mediante il movimento delle tre ali, ciascuna delle quali poté assumere, oltre quella di riposo orientata verso il basso, sei posizioni corrispondenti ad un identificativo numerico:
  • ala superiore: numeri da 1 a 6,
  • ala centrale: numeri multipli di 7 (7, 14, 21, 28, 35, 42),
  • braccio inferiore: numeri multipli di 49 (49, 98, 147, 196, 245, 294).
Alle trecentoquarantadue possibili combinazioni numeriche, corrisposero altrettanti “articoli” del segretissimo cifrario.
Fu il ministro della Marina e delle Colonie , contrammiraglio Denis Decres, sedotto dalla semplicità di funzionamento e dall'aspetto economico di questo progetto, che decise d'utilizzarlo per vigilare il traffico marittimo e ricevere le informazioni raccolte dai semafori.
Lo Stato centralizzatore che la repubblica giacobina aveva creato e che il primo impero aveva rafforzato, necessitò di questo nuovo strumento di controllo delle coste, così come ebbe bisogno del telegrafo ottico di Chappe per le comunicazioni terrestri.
Depillon collaborò con il capitano di vascello Louis León Jacob [3], comandante del forte di Granville (Normandia), alla messa a punto della macchina semaforica il  cui prototipo fu eretto per la prima volta nel 1804, sulla Pointe du Roc. Nel 1805, alla morte di Depillon, lo sviluppo dei semafori costieri, ancora in fase sperimentale, fu affidato al capitano Jacob.
Dopo il prototipo di Granville fu progettata, sullo stesso modello, la prima generazione di semafori Depillon tuttavia, Jacob rielaborò il progetto realizzandone una versione degradata. La carenza di mezzi economici e la contingenza politico-militare rese difficile l’originaria attuazione del piano, la macchina semaforica fu realizzata in versione “economica” modificando l’originaria struttura ad “albero mobile”, concepita per ruotare il trasmettitore verso l’osservatore, in un modello ad “albero fisso”, peraltro costruito con legno di modesta qualità. Tutto ciò ridusse la durata di vita dei semafori ma Jacob, pratico uomo di mare e di guerra, sapeva bene che in guerra ciò che contava era l'efficienza del sistema, non la sua durevolezza nel tempo.
Nell'aprile del 1806,  Decres affrontò i problemi più urgenti dando ordine di costruire i primi semafori con i mezzi a disposizione, evitando qualsiasi opera muraria. La dispendiosa quanto inefficace versione notturna non fu adottata, anche in considerazione del fatto che le navi dell'epoca non si avventuravano sotto costa di notte o con la nebbia.
Il dispositivo, così trasformato, fu consegnato in scatole di montaggio inviate direttamente da Parigi alle postazioni costiere. Ciascun "kit" incluse:
  1. un albero di 36 piedi [12 m ~], da 9 a 12 pollici di diametro al piede e da 6 a 9 pollici di diametro in testa,
  2. tre "ali" con cilindro di rotazione (ogni ala misurava quattro metri di lunghezza: 2 m per il segnalatore e 2 m per il contrappeso,
  3. tre ruote (per comandare l'orientamento delle ali),
  4. tre chiavi per manovrare le ruote,
  5. sei caviglie o cavicchi,
  6. sei piedi per il sostegno dell'albero,
  7. sei rondelle.
Tavole e puntelli avrebbero compensato la mancanza di muratura. Oltre ai pezzi di ricambio fu fornito un set di corde da 40 braccia, due telescopi d'osservazione, un martello con denti, una lima semi-tonda, righelli graduati, un “giornale” di stazione ed una mappa del personale. Per quanto riguarda la trasmissione di dati riservati, l'ingegnoso e semplice codice cifrato di Depillon, migliorato da Jacob, fu ben compreso dal personale di Marina, ed adottato senza grossi problemi.
A Jacob fu conferito l'incarico d’impiantare una rete costiera di centotrentacinque stazioni semaforiche, di cui cinque in Algeria e centoventinove sulle coste del continente europeo da Flessingue, porto del regno d'Olanda, a La Spezia, porto del regno Italico.
Tra agosto e settembre del 1806, il programma d’allestimento della linea semaforica lungo la costa francese della Manica fu completato realizzando postazioni a Maisy, la butte d'Hocfort, Ravenoville, le isole di Saint-Marcouf, il forte di La Hougue, La Pernelle, Gatteville, Cosqueville, Fermanville, l'isola di Fort National, Querqueville, Omonville-la-Rogue, Jobourg, Flamanville, Carteret, Portbail, Saint-Germain-sur-Ay, Pirou, Anneville, la Martinet d'Agon, Montmartin-sur-Mer, Saint-Martin-le-Vieux, Granville, Carolles e Tombelaine.
Jacob non vide completato il lavoro d'allestimento delle postazioni, ben prima che si completasse la linea sulla Manica, la capacità e la tenacia dimostrate attirarono l’attenzione di Napoleone che alla vigilia delle operazioni di sbarco in Sicilia, lo volle al comando della Marina francese a Napoli.
Con non poche difficoltà i francesi radunarono nel porto di Civitavecchia dieci unità per costituire la flottiglia leggera assegnata all'Armeé de Naples agli ordini del nuovo comandante.  
Il 12 marzo 1806 il Capitano Jacob fu a Napoli ove una determinazione [4] di Giuseppe Bonaparte [5], ancora semplice luogotenente dell’imperatore, gli riconobbe anche la nomina al grado di comandante superiore della costituenda Marina napoletana ed internamente, la carica di prefetto marittimo.
Il 17 aprile 1806, nelle acque antistanti Fiumicino, la flottiglia [6] proveniente da Civitavecchia fu intercettata e neutralizzata dalla fregata inglese HMS Sirius. La possibilità di disporre nell'immediato d’una forza marittima francese svanì, la progettata invasione della Sicilia, per il momento, fu accantonata.
Jacob si ritrovò a capo di una Marina pressoché inesistente e come se non bastasse, costretto a collaborare con ufficiali napoletani, ed alle dipendenze di un Ministro della Marina, anch’egli napoletano.
Uomo dal carattere spigoloso, a tratti arrogante, Jacob non compì alcuno sforzo per adattarsi all'ambiente, non apprese l’italiano, disprezzò apertamente i napoletani ed in qualità d’ufficiale superiore francese ritenne di dover dar conto delle proprie azioni solo al re ed all'imperatore. Ammonito più volte per tale atteggiamento, egli dovette tuttavia confrontarsi con la realtà militare delle due Sicilie e non disponendo di una adeguata flotta, le sue principali preoccupazioni, secondo le disposizioni dell'Imperatore, furono d'assicurare il blocco del commercio di qualsiasi mercanzia o manufatto inglese. Giuseppe Napoleone, con decreto n. 28 del 13 marzo 1806, ordinò d'attuare anche a Napoli il blocco continentale disponendo che si realizzassero tutte le  attività necessarie al controllo militare dei litorali, insidiati dall'attività della marina anglo – borbonica.
Adottando il modello di sorveglianza e difesa già sperimentato in Francia, Jacob puntò al rafforzamento delle artiglierie costiere ed allo sviluppo della rete semaforica. Già dal marzo del 1806 lo stato maggiore della Marina franco-napoletana si premurò d’istruire un certo numero di segnalatori, vedette e guardiani, e di licenziare la prima edizione delle "Istruzioni per i Sotto-Ispettori dei Segnali e Istruzioni per le Vedette de Segnali [7]".
A giugno, il ministro della Guerra e Marina Nicola Luigi Pignatelli di Cerchiara, incaricò una commissione di studiare i migliori siti tra Napoli e Gaeta ove installare i semafori della prima tratta telegrafica.
Il categorico rifiuto di collaborare con questa commissione e lo scontro con alcuni suoi membri, furono gli ultimi episodi del conflitto consumatosi tra Jacob, comandante della Marina, ed il ministro Pignatelli.
Il 13 giugno 1806, dopo appena tre mesi dal suo arrivo a Napoli, Giuseppe Bonaparte ordinò la destituzione Jacob ed il suo rimpatrio. Il Capitano di Vascello Charles de Lostanges, ufficiale poco stimato da Napoleone ma non ostile ai napoletani, assunse il comando militare della Marina.  
Il completamento della prima linea visuale fu preceduto dal Decreto n. 304 del 30 dicembre 1806, con il quale fu ordinato ai torrari di continuare ad assicurare il servizio, un provvedimento necessario per garantire la continuità della precedente organizzazione di sorveglianza marittima, almeno sino a quando il nuovo sistema di scoperta e comunicazione avesse offerto garanzie di sufficiente “copertura” della linea costiera.
Pochi giorni prima della destituzione dell'ammiraglio Jacob, il 9 giugno 1807, piantato sul palazzo di Corte a sinistra della Reggia [8] , entrò in servizio il primo semaforo [9] della rete ottica delle Due Sicilie. A fine luglio furono operative anche due stazioni semaforiche periferiche, una in Calabria per il controllo dello Stretto, ed una presso la base navale di Taranto.
Secondo il modello organizzativo francese, il Ministero della Marina ebbe il controllo della rete semaforica, una infrastruttura ideata e realizzata per integrarsi nel più vasto sistema di difesa stabilito dai francesi lungo i litorali dell'Impero e del Regno Italico.
Centoquaranta postazioni allestite presso le batterie costiere furono aggregate su base territoriale in tre "Circondari" telegrafici: il Tirrenico, lo Jonico e l’Adriatico.
Il coordinamento delle attività e la manutenzione delle linee furono assegnate ad un “Ispettore” coadiuvato da tre "Sotto-ispettori dei Segnali", uno per ogni circondario.
Nel 1808, anno dell'arrivo sul trono di Napoli di  Joachim  Muràt [10], fu pubblicato e distribuito il nuovo Codice per i "Segnali di Costa del Regno di Napoli" e ribadito l'obbligo per le navi commerciali di proteggersi viaggiando in convoglio.
L’anno successivo, i decreti n. 471, 472, e 473 del 20 settembre 1809 resero esecutive le tre leggi organiche sulla marina militare nella cui organizzazione fu inquadrato il personale dei semafori alle dipendenze di un “direttore dei telegrafi”.
Tra il 1806, anno di avvio del programma, ed il 1811, il circuito semaforico arrivò a "coprire" il litorale da Gaeta sino a Vieste.
A seguito del completamento della linea terrestre Parigi-Venezia, la rete telegrafica visuale del Regno Italico tra il 1810 ed il 1812 fu integrata e completata in connessione con la più estesa linea del Regno di Napoli. Con Decreto n. 1257 del 27 febbraio 1812, Muràt ordinò prolungare la rete semaforica da Vieste sino alla "frontiera italiana" [11].
La nuova linea, costruita a spese delle amministrazioni locali, si snodò lungo le coste delle province di Capitanata, Molise, Abruzzo Citra ed Abruzzo Ultra.
Al  completamento del circuito semaforico i francesi ebbero a disposizione un sistema di comunicazione militare che passando per i litorali continentali delle Due Sicilie, collegò, senza soluzione di continuità, le coste Nord atlantiche a quelle dell'Albania.
Lungo la dorsale appenninica del regno, stazioni e ripetitori integrarono la rete semaforica costiera stabilendo la comunicazione diretta tra i litorali adriatico e tirrenico.
Nel 1810 Muràt emise un nuovo ordine per disciplinare la navigazione commerciale sul versante tirrenico del regno; alle navi fu richiesto di viaggiare in convogli di trenta unità scortate almeno da sei cannoniere, i comandanti dovevano costantemente osservare le segnalazioni semaforiche ed in caso di pericolo, rifugiarsi nelle rade protette dalle batterie costiere. Per rendere ancora più stringente l’obbligo di sottostare alle segnalazioni semaforiche, il Decreto n. 1234 del 6 febbraio 1812 impose ai comandanti delle navi che avessero ignorati i segnali, l’obbligo di rimborsare le spese sostenute dalle batterie costiere per i tiri d’avvertimento sparati contro di loro.
L’importanza attribuita alle comunicazioni ottiche ebbe implicazioni anche nella formazione degli ufficiali di mare.  
L'Accademia di Marina di Napoli, già riformata da Giuseppe Bonaparte nel 1806, con la legge n. 166 del 18 marzo 1813 voluta dal governo di Muràt, fu riconosciuta la necessità d'adeguare le competenze tecniche dei cadetti ai nuovi modelli di comunicazione marittima introducendo, tra le discipline oggetto di specifiche esercitazioni pratiche, le "tecniche di segnalazione e corrispondenza telegrafica e semaforica" (art. 62).  

[1] Charles De Pillon nacque in una famiglia di militari il 27 aprile 1768 a Saint-Christophe-sur-Condé (Eure), figlio di Charles-Barthélémy-Denis de Pillon, signore della Thillaye, cavaliere, proprietario di fattorie,  e Anne SCOTT de la Mésengère. Charles crebbe impregnato di idee rivoluzionarie e nel 1791 lo ritroviamo "Commissario per l'organizzazione della Guardia Nazionale del cantone di Quillebeuf" con il nome meno aristocratico di Charles Depillon. L'anno successivo acquistò parte delle proprietà del fratello Antoine, emigrato lealista e disertore. Nel gennaio 1793, sposò, all'età di 26 anni, con il nome di Charles Pillon, Adélaïde Morin de la Rivière, vedova trentaseienne di Guillaume SCOTT de la Mésengère, ricco proprietario di immobili a Bouquelon, vicino a Pont-Audemer. Divenuto Ufficiale di artiglieria e proprietario terriero nel 1798, alla nascita del figlio Auguste Théodore, è a Rouen.  Nel maggio 1798 Charles Depillon si trasferisce a Parigi presso  l'Hotel de la Providence, anche se la sua residenza rimase a Rouen. Nel 1800 è membro del Consiglio Generale dell'Eure, come notabile del dipartimento, l'anno successivo presentò al Ministero della Marina il suo memorandum sul semaforo, il 4 giugno 1805 Charles Depillon morì a Parigi .
2] Sul funzionamento della macchina riportiamo la descrizione che ne fa la “Rivista Marittima ” nel luglio del 1871: “…  Un semaforo componesi essenzialmente di un’antenna di legno ben dritta …rotta nel mezzo del casotto di cui oltrepassa il tetto, porta, nel tratto che rimane fuori, tre telai di ferro lunghi quattro metri e larghi quaranta centimetri, e girevoli ognuno sopra un perno che li attraversa in metà e li unisce all’antenna. Affinché girando, l’uno non urti l’altro … essi sono alternati su due facce opposte dell’albero…
I telai che, in linguaggio tecnico, chiamasi le ali, sono per metà bianchi e per l’altra metà nere, intendendosi che della sola metà nera debba tenersi conto nella segnalazione, mentre la metà bianca non vale che a mantenerne l’equilibrio, compensando il peso della nera. … Semplicissimo è il mezzo onde si fanno girare le ali. Su ciascuna di esse è fissa in metà una puleggia cui attraversa il perno che tien l’ala all’albero. Girando la puleggia, gira necessariamente l’ala, e la puleggia è volta da una funicella di fil di ferro che, passando per la gola di essa, scende lungo l’albero, entra nel casotto e va ad avvolgersi attorno ad un’altra puleggia identica a quella dell’ala, e come quella girevole sul suo asse, ed infissa nell'albero. Due manovelle sporgenti da quest’ultima puleggia, nel senso dei suoi raggi, servono a darle il moto, che per la fune si trasmette all'ala. Ciascun’ala, ben, inteso è mossa da una puleggia e da una corda sua propria, il suo moto dovendo essere libero da quello delle altre. Tutte le dette girelle sono di ferro e quelle interne che, come si è detto, servono alla trasmissione del movimento, hanno otto raggi, ciascuno dei quali porta un numero o un segno che, quando è in alto, indica che l’ala ha presa sull'albero la posizione che ad esso numero corrisponde. Otto sono dunque le posizioni che ciascuna di esse può prendere, ma due essendo occultate dall'albero, ne restano per ciascuna solo sei, cioè in tutto diciotto … diasi a ciascuna un valore, e si avrà un linguaggio a segni. …”
[3] Louis Léon JACOB nacque a Tonnay-Charente dell'11 novembre 1768. Ebbe il suo primo impiego come spedizioniere presso gli uffici marittimi di Rochefort, occupazione che lasciò per entrare nella Marina militare ed essere inviato nelle colonie nei Caraibi e nell'Oceano Indiano.  Nel 1793 fu guardiamarina e poi tenente a Tolone, dove si fece notare per il suo coraggio nel 1795 nella battaglia di Capo Noli contro la flotta anglo-napoletana.  Fatto prigioniero, al suo rilascio per decisione del Direttorio fu promosso capitano di fregata.  Nel 1798 fu nuovamente prigioniero degli inglesi e rilasciato solo dopo la pace di Amiens (1802). Nel 1802 partecipò alla spedizione di Saint-Domingue.  Tornato in Francia, gli fu affidata la costruzione di una nuova flottiglia. Nel 1803, questa missione ben compiuta gli valse la promozione al grado di capitano e la nomina a comandante del Forte di Granville.  Fu a Granville che collaborò con Charles Depillon alla messa  a punto del sistema di segnalazione semaforica, rapidamente adottato dalla Marina francese.  Al servizio di Giuseppe BONAPARTE, re di Napoli, accompagnò persino Napoleone I in un'ispezione a Cherbourg (1811). Nominato contrammiraglio nel 1812, fu incaricato della sicurezza di Rochefort (1814) e infine fu nominato prefetto marittimo a Lorient durante i Cento Giorni. I semafori, nonostante la loro mediocre qualità, rimasero operativi fino alla caduta dell'Impero e resero grandi servizi alla Marina durante tutto il periodo del Blocco Continentale.  Dopo una traversata nel deserto sotto la seconda Restaurazione, nel 1820 fu richiamato agli affari marittimi dal barone PORTAL. Nel 1821 comandò la stazione navale della Martinica e nel 1823 fu nominato governatore della Guadalupa.  Alcuni semafori erano ancora in uso nel 1823  durante la Guerra di Spagna. Nel 1826 troviamo Louis Jacob, prefetto marittimo di Tolone dove organizza la flotta della spedizione algerina. Nel luglio 1830 si schiera a favore del re di Francia, ma viene sconfitto a Rochefort nel 1831 quale candidato alla deputazione. Luigi Filippo lo insignì della Gran Croce della Legion d'Onore nel novembre 1931 e divenne pari di Francia. Fu nominato due volte Ministro della Marina, successivamente nei ministeri Soult e Gerard (1834). Non ha lasciato alcuna traccia significativa del periodo trascorso in questo ministero, eppure ha concluso la sua carriera militare come aiutante di campo di Luigi Filippo (1834-1842). L'Ammiraglio Jacob  morì nel 1854 a Livry-Gargan, lasciò in eredità al comune 100.000 franchi d'oro per la costruzione di scuole per ragazzi e ragazze. Nel 1891, la città di Livry-Gargan, se non la Francia, onorò la memoria di Louis Jacob. Nel 1891 fu inaugurata una statua di bronzo in Place Jacob, davanti alle scuole che aveva donato alla città. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la statua di bronzo di Louis Léon Jacob, considerata priva di valore artistico, fu inviata alla fusione dagli occupanti nazisti, su decisione dello Stato di Vichy!  Solo una targa in sua memoria rimane su una delle scuole e un'ancora navale è stata collocata in Place Jacob a Livry-Gargan, sul luogo della sua statua.
[4] “Determinazione con cui si ricompone il corpo della Marina Militare” , Decreto n.27 del 12.3.1806.
[5] Giuseppe Bonaparte fu al comando del corpo di spedizione che invase il regno di Napoli nel febbraio del 1806, poi luogotenente dell’imperatore e  dal 30 marzo 1806 re di Napoli per nomina ricevuta dal fratello Napoleone.
[6] La flottiglia partita da Civitavecchia si componeva di una corvetta, la Bergère, e di nove unità minori. Nello scontro con la fregata inglese Sirius la corvetta fu catturata, le sette unità minori sfuggirono alla cattura risalendo il Tevere mentre due brigantini, l’Endymion e l’Abeille, furono le sole due unità che riuscirono a guadagnare il porto di Napoli. Resoconto dello scontro: Il 17 aprile 1806 alle 2 del pomeriggio la Sirius era a cinque o sei leghe al largo di Civitavecchia quando il comandante Wlliam Prowse ricevette l'informazione che una forza francese era salpata quella mattina per Napoli. Egli partì immediatamente e riuscì a raggiungerli poco dopo il tramonto a due leghe dalla foce del Tevere. La forza consisteva in una corvetta , tre brigantini e cinque cannoniere pesanti, ed era schierata in linea di battaglia vicino ad una pericolosa secca in attesa dell'attacco della Sirius. L'azione iniziò alle 19 e durò due ore prima che la nave francese, alla guida della flottiglia, colpisse la Sirius. Il mare era calmo quindi i francesi furono in grado di sparare bene tuttavia, il fuoco della Sirius non lasciò scampo. Alle 21 circa la battaglia era terminata, la Bergére si arrese, le cannoniere fuggirono risalendo il Tevere per poi rientrare a Civitavecchia e da qui, raggiunsero Tolone. I due brigantini riuscirono a sottrarsi al fuoco della Sirius e fecero vela verso Napoli. La fregata inglese, troppo danneggiata nello scontro, rinunciò ad inseguire i brigantini, soprattutto considerando di dover navigare di notte, ed in acque con secche insidiose. La nave catturata fu la Bergère, comandata dal capitano di fregata Charles-Jacques-César Chaunay-Duclos, commodoro della flottiglia e membro della Legion d'onore. La nave francese era armata con diciotto cannoni da 12 libbre, una obusiera da 36 libbre, ed un equipaggio di 189 uomini. Il comandante Prowse la descrisse come "nave notevolmente bella, naviga bene, ed è adatta al servizio di Sua Maestà." Il Sirius perse nove uomini, tra cui il nipote di Prowse, 20 uomini feriti, di cui nove gravemente, Questa azione qualificò i superstiti per la Naval General Service Medal con il fermaglio "Sirius 17 aprile 1806".
[7] Biblioteca Nazionale di Napoli, numero d’inventario 1215370.
[8] Palazzo Salerno, all'epoca ancora sede dei Ministeri di Stato.
[9] Pag. 232 Cronaca Civile e Militare delle Due Sicilie, mons. Luigi del Pozzo, Napoli Stamperia Reale 1857.
[10] Nel 1808 Napoleone nominò Joachim  Muràt re di Napoli in sostituzione di Giuseppe Bonaparte, chiamato a ricoprire la “carica” di  re di Spagna.
[11] A seguito dell’annessione dei territori dello Stato della Chiesa all'Impero francese, dal 1808 al 1814 il regno di Napoli confinò sul versante adriatico di Nord-Est con il Dipartimento Tronto  del neo costituito Regno d’Italia.
 A mio padre   
(Procida 1930 – Napoli 1980)
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Telegrafo  
dal greco antico tele (τῆλε) "a distanza" e graphein (γράφειν) "scrivere", scrittura.





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