Le Esposizioni Universali | Le Due Sicilie e l'Esposizione Universale di Londra del 1851
L'evento londinese.
Nell'ambito della storia della telegrafia elettrica napoletana la vicenda delle prime due esposizioni universali, soprattutto quella di Londra del 1851, ebbero notevole importanza. Malgrado la partecipazione ufficiale del regno delle Due Sicilie alla "Great Exhibition" fu ritirata, la presenza a Londra di tecnici, e personaggi vicini alla corte napoletana, consentì la presa di contatto con questa nuova tecnologia di comunicazione, e con il mondo industriale britannico impegnato a svilupparla.
La ricostruzione delle vicende, legate alla presenza "napoletana" alle esposizioni internazionali di Londra del 1851 e di Parigi del 1855/1856, non è stata affatto semplice segnata, per altro, dalla situazione politica internazionale in cui si trovò ad agire il governo napoletano, in quegli anni d'attacco frontale all'indipendenza ed alla sovranità delle Due Sicilie.
I documenti d'archivio del Reale Istituto d'Incoraggiamento di Napoli, relativi l'iter organizzativo dell'esposizione londinese ed i contatti con gli industriali invitati alla manifestazione, in gran parte sono andati distrutti nel corso del secondo conflitto mondiale. Per quanto attiene gli organi governativi, ciò che rimane è una scarna corrispondenza dei competenti Ministeri napoletani (Agricoltura Industria e Commercio ed Esteri) conservata presso l'Archivio di Stato di Napoli. Parte delle notizie è stato possibile ricavarle dal prezioso studio della professoressa dell'Orefice dell'Università Federico II, dalla stampa e dalle pubblicazioni d'epoca, e dai resoconti ufficiali delle due esposizioni. Analoga la situazione per i documenti riferibili alle Esposizioni di Parigi del 1855-56 caratterizzatasi per il ruolo autonomo svolto dalla delegazione siciliana presente alle fiere parigine.
La Great Exhibition of the Works of Industry of All Nations (1851)
Il rapporto di Napoli con la "Great Exhibition" si stabilì sin dai primordi del progetto, allorché la Commissione reale britannica bandì un concorso internazionale per la realizzazione dell'edificio di Hyde Park destinato ad ospitare l'Esposizione.
Tra i 245 candidati accorsi, 190 provenivano dagli ambiti dell'impero britannico, 37 dalla Francia, 3 dall'Olanda, 2 dal Belgio, 2 dalla Svizzera, 1 dalla città di Amburgo, 1 dalla Prussia, 1 dal regno d'Annover, 7 anonimi, ed uno solo dall'Italia, precisamente da Napoli, si trattò dell'ing. anglo-napoletano Thomas Richard Guppy [1].
Il progetto vincitore fu quello del francese Hector Horeau con gli irlandesi Richard e Thomas Turner, tuttavia la Commissione non fu pienamente soddisfatta ed elaborò un proprio progetto, anch'esso bocciato.
L'idea vincente l'ebbe un outsider, Joseph Paxton, giardiniere del duca di Devonshire, specializzatosi in ardite soluzioni architettoniche nella costruzione di serre in ferro e vetro.
Le prime notizie ufficiali, sulla prossima esposizione londinese, giunsero a Napoli il 29 gennaio 1850, allorquando un decreto del governo inglese, con il quale s'annunciava un premio di 20.000 sterline in favore degli espositori più meritevoli, fu trasmesso dal Ministro degli Esteri Giustino Fortunato al Ministro dell'Interno Salvatore Murena, affinché ne autorizzasse la pubblicazione sul "Giornale delle Due Sicilie". Una successiva nota, diramata dallo stesso governo britannico, richiese al governo napoletano di predisporre una commissione per agevolare la partecipazione dei suoi espositori.
Tale onere fu demandato al Reale Istituto d'Incoraggiamento di Napoli che conferì l'incaricò di "esaminare e promuovere la spedizione delle principali produzioni e manifatture"[2] al presidente dell'Istituto, il Cav. D. Felice Santangelo ed ai soci D. Francesco Briganti, Prof. D. Giacomo Maria Paci, D. Stefano delle Chiaje, Cav. D. Ernesto Capocci, Cap. D. Giuseppe Novi.
Il Reale Istituto d'Incoraggiamento entrò quindi a far parte del panel di comitati, istituiti sotto il coordinamento della commissione promotrice di Londra [3], per regolare la partecipazione degli espositori di ciascuno Stato.
Scorrendo l'elenco dei comitati nazionali, quello del regno di Sardegna merita attenzione particolare essendo l'unico, tra tutti, che al suo interno "including the Hon. Ralph Abercromby, Her Britannic Majesty 's Minister Plenipotentiary at the Court of Sardinia", una circostanza non casuale.
Lo spazio nell'edificio di Hyde Park messo a disposizione dall'organizzazione londinese per gli espositori napoletani, fu di 5.000 piedi quadri inglesi (circa 452 mq.), il Real Istituto d'incoraggiamento si mise al lavoro invitando i migliori fabbricanti del regno a concorrere con prodotti, macchine e altri saggi delle proprie manifatture.
I risultati di questa opera di coinvolgimento non furono soddisfacenti, alcuni fabbricanti risposero di non avere prodotti adatti all'esposizione altri, che avrebbero partecipato solo se il governo avesse accettato di farsi carico di tutte le spese. Al termine dell' istruttoria, la Commissione poté presentare solo dodici espositori, specializzati in lavori in seta, macchine per gelati, ombrelli, armi da fuoco, guanti, centerbe, foglie d'oro falso, una macchina geodesica, pettini d'acciaio i quali, comunque, per la propria partecipazione reiterarono la condizione che "le spese di trasporto e garentia, debbono andare a carico di questo governo"[4].
Ai primi del 1851 si unirono altri due espositori con lavori di corallo ed armi da fuoco. Quantunque il piccolo nucleo di quattordici imprenditori non fosse rappresentativo del panorama produttivo del regno, basti considerare che il numero medio di produttori e tecnici presenti alle esposizioni nazionali delle due Sicilie assommava a più duecento, il governo napoletano fu inizialmente orientato alla partecipazione con le altre delegazioni italiane ovvero Stati Sardi, Granducato di Toscana e Stati Pontifici, con esclusione dei non partecipanti piccoli ducati di Parma e Modena e del Lombardo Veneto, quest'ultimo incorporato nel padiglione dell'Impero austriaco.
Il Comitato organizzatore londinese, "spontaneamente", decise d'accorpare le delegazioni italiane in un unico padiglione sotto il titolo d'Italia, una decisione, non applicata ad altre realtà europee, che si rivelò politicamente inopportuna e foriera di sospetti di una regia Anglo-Sarda costruita con la collaborazione dell'ambasciatore inglese a Torino, inquadrato nella "commissione nazionale" del regno Sardo.
Con l'avvicinarsi della data d'apertura della Great Exhibition, le tensioni diplomatiche tra Napoli e Londra ebbero un impulso esponenziale. Ad aprile 1851 scoppiò il caso "Gladstone", con il corredo di ricatti e minacce teso a minare l'autorità legittima di Ferdinando II e a ridare vigore ai disegni britannici sul destino politico dell'Italia.
A Londra, l'azione anti-napoletana di Gladstone potè contare sull'aiuto di due fuoriusciti; il primo, Giacomo Lacaita [5], conosciuto da Gladstone nel suo soggiorno a Napoli, riparò a Londra non appena fu avvertito del sospetto nutrito della polizia napoletana, che egli fosse stato uno degli ispiratori dell'imminente pubblicazione delle "lettere" .
Il secondo fuoriuscito al "servizio" di Gladstone, fu l'avvocato Anthony Panizzi, al secolo Antonio Genesio Maria Panizzi, suddito del Ducato di Modena e Reggio, sostenitore dell'azione britannica a Napoli, intermediario di Cavour a Londra, amico dell'élite politica e culturale britannica, capo bibliotecario al British Museum.
Gladstone conobbe Panizzi a Londra nel 1840, ed al suo rientro da Napoli collaborò costantemente con questo personaggio il quale, attraverso la propria rete clandestina e con l'appoggio del consolato britannico di Napoli, fornì a Gladstone informazioni sui prigionieri politici napoletani, collaborò al perfezionamento delle "lettere", costruì argomentazioni per rintuzzare le osservazioni del governo napoletano e con l'appoggio dello stesso Gladstone, organizzò vari tentativi per consentire l'evasione di Luigi Settembrini dal carcere di Santo Stefano, tra l'altro finanziati da Lord Palmerston, con fondi riservati del Tesoro britannico.
Altro fuoriuscito napoletano che s'inserì in questa rete cospirativa e spionistica, fu il tarantino Giuseppe Massari, riparato a Torino, ove agì di concerto con il governo di quello Stato, e si prodigò per la massima diffusione delle "lettere".
In un contesto di crescente ostilità, di aperta delegittimazione, e di grave ingerenza nelle politiche interne di uno Stato sovrano, il governo napoletano si risolse nel revocare la partecipazione dei propri espositori all'Esposizione.
Come annotò il deputato francese Pierre Albert de Dalmas nel suo "Le Roi de Naples", pubblicato a Parigi nell'agosto del 1851, la decisione "fu una ferita profonda fatta all'orgoglio britannico dallo sdegnoso rifiuto del Re di Napoli d'inviare i prodotti del regno delle Due Sicilie all'Esposizione di Londra!" ed ancora, Giacinto de Sivo, nella sua "Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861, Volume II", riporta: "1° maggio 1851 la esposizione industriale del mondo a Londra in palazzo di cristallo, il governo napolitano non vi mandò i prodotti regnicoli; di che si tolse pretesto a vituperarlo; ma fu per iscansar cagioni di contatto co'reggitori di quell'isola, inimicissimi".
Anche l'Osservatore Romano commentò: "Il Re di Napoli ha avuto un gran torto agli occhi della demagogia [liberale/unitarista N.d.A.]. Egli non ha ceduto alla sommossa, ha trionfato delle barricate, soggiogato l'insurrezione. Il Re di Napoli ha un gran torto agli occhi della stampa inglese. Egli ha riconquistata la Sicilia, ha conservato fra la ricchezza dei suoi stati il prodotto delle solfatare, ha ricusato il concorso dell'industria napolitana alla grande esposizione. Sono tali titoli che la demagogia non perdona." [6]
Il primo maggio 1851, con il concorso del gran pubblico d'occasione, stimato dalla stampa dell'epoca intorno alle 500.000 persone, alla presenza della regina Alexandrina Victoria e del consorte, il principe Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha, presidente del comitato organizzatore e vero ispiratore e regista dell'evento, fu celebrata l'inaugurazione con un lungo e faraonico cerimoniale di Stato a cui prese parte anche la delegazione del regno delle Due Sicilie nella persona del suo ambasciatore a Londra, Paolo Ruffo di Bagnaria, principe di Castelcicala [7].
L'assenza degli espositori delle Due Sicilie non passò di certo inosservata, né per gli attacchi a cui fu sottoposto il Re ed il governo in conseguenza di tale scelta, né per per l'aggressione mediatica che da Luglio si scatenò in occasione della pubblicazione delle "lettere" di Gladstone.
Oltre gli aspetti meramente politici della vicenda, il mancato apporto delle produzioni napoletane contribuì alla mediocrità della partecipazione "italiana", giudicata povera qualitativamente e numericamente anche da attori di primo piano come il barone Bettino Ricasoli [8].
L'organo di quello che approssimativamente si può ritenere l'Istituto d'Incoraggiamento britannico, il "Journal of the society of arts" il 14 dicembre 1860, operando una ricognizione complessiva sulle Esposizioni Universali, a proposito dell'Italia si espresse evidenziando la sua non significativa presenza affermando che "la nostra conoscenza dei prodotti e dell'industria italiana è molto imperfetta; anche la recente Esposizione Universale non è riuscita a mostrare in modo adeguato ciò che l'Italia può fornire al mondo. Nel 1851 il numero degli espositori toscani, sardi e romani era di circa 200, ma la Lombardia e Venezia sono state nascoste sotto il cappello dell'Austria e le Due Sicilie non erano presenti".
Se si considera che la parte più pregiata, quella Lombarda, esponeva sotto la bandiera degli Asburgo e le Due Sicilie, che potevano rappresentare la novità furono assenti, si comprende la delusione dell'illustre economista liberale francese Michel Chevalier (1806-1879), presente a Londra nel 1851, che a proposito del regno napoletano annotò: "on prétend que le governement napolitain s'est refusé à ce que ses sujet participassent à l'Expostition. Le fait est que j'y ai vainement cherché les produits du sol si riche des Deux Sicilies" [9].
Nonostante la scelta del "boicottaggio" le Due Sicilie, in alcuni settori dell'Esposizione, furono comunque "presenti", sebbene in maniera parziale ed indiretta.
Una presenza notata anche da William Makepeace Thackeray, uno dei principali romanzieri dell'era vittoriana, che nella sua poesia sull'apertura del Crystal Palace, tra l'elenco delle "meraviglie esposte", annoverò: "... There’s German flutes, Marocky boots, and Naples Macaronies; Bohaymia has sent Bohay; Polonia her polonies...".
Sfogliando il "Great Exhibition 1851 - Official Descriptive and Illustrated Catalogue" si può invece agevolmente notare che la gran parte degli espositori del settore tessile proposero il "gros de Naples" [10] il rinomatissimo tessuto pesante, per lo più in seta, prodotto nel regno, di gran moda verso la metà dell'Ottocento e nei primi due decenni del Novecento, usato sopratutto per copricapi, capotes femminili e gilet maschili. In realtà, sul ruolo del comparto della Moda delle Due Sicilie, è opportuno ricordare come "nella Napoli del XIX secolo ..... la città partenopea fosse all'epoca uno fra i centri più vitali di innovazione del gusto, dei consumi, dell’immaginario e dello spirito della modernità, a livello nazionale ed anche internazionale" [11].
L'Esposizione offrì ai visitatori anche altre produzioni regnicole, come generi di profumeria, set da scrittura in corallo intarsiato prodotti dalla ditta Filippo Gagliardi di Torre del Greco (impresa che impiegava più di trecento operai - Cfr "Il Pungolo" Napoli, 30 dic. 1861 pag. 4) ed importati dalla "Phillips Brothers", ultimi, ma non ultimi, i prodotti per l'edilizia, quali la pozzolana e la pomice, lo zolfo nativo dalla Sicilia, le radici di liquirizia dalla Calabria e le corde per strumenti musicali da Napoli, presentati dal "Liverpool local committee", nella mostra allestita nella "North Transept Gallery"dedicata ai generi importati in Gran Bretagna nei cinque anni precedenti l'Esposizione.
Non mancarono produzioni europee di "gusto" napoletano, come vasi in marmo, stampe ed incisioni riproducenti vedute di Napoli, produttori del pigmento sintetico noto come "Giallo Napoli", colore ispirato alla pietra vulcanica del Vesuvio, statue e candelabri in bronzo riproducenti oggetti rinvenuti a Pompei o raccolti nel Reale Museo Borbonico di Napoli.
Il pezzo forte della "Great Exhibition" fu, comunque, il prodotto dell'ingegneria britannica applicata a tutti gli ambiti dell'industria, dell'idraulica, dei trasporti e della vita civile.
Tra le altre, la curiosità del pubblico fu monopolizzata da una delle tecnologie più recenti, quella del telegrafo elettrico.
Raccolti nella sezione dedicata agli "Strumenti filosofici, musicali, orologiai e chirurgici", i visitatori poterono osservare vari modelli di telegrafi realizzati in Inghilterra, come quello a cinque aghi utilizzato dalla Great Western Railway e diversi esempi di telegrafo a due aghi di Cooke e Wheatstone, tra cui quello prodotto da William Thomas Henley.
Henley migliorò i brevetti telegrafici di Cooke e Wheatstone realizzando un telegrafo in cui gli impulsi di corrente elettrica venivano prodotti da una combinazione di bobine mobili e magneti permanenti, piuttosto che da batterie (brevetto n. 12236, 1848). l'invenzione vinse una medaglia d'oro alla Great Exhibition e tra gli altri, attirò l'attenzione degli inviati napoletani.
Il colonnello Alessandro Nunziante, duca di Mignano, aiutante di campo di Ferdinando II, fu tra i visitatori della esposizione londinese ed attento osservatore del padiglione dedicato alla telegrafia elettrica da cui ricavò informazioni e contatti che riportò a Napoli, divenendo il maggior sostenitore della necessità di dotare il regno delle Due Sicilie di questa moderna infrastruttura.
Fu l'ingegnere macchinista della Real Marina delle due Sicilie, il 1° Tenente anglo-napoletano John de Normann, che a Londra intrattenne i contatti tecnici e commerciali con William Henley stabilendo gli accordi per la fornitura delle macchine telegrafiche e degli accessori necessari ad avviare la costruzione della rete napoletana.
Il telegrafo elettrico destò meraviglia anche per la versatilità dei suoi possibili impieghi. Proprio presso il Cristal Palace, nel corso della grande esposizione, furono ricevuti attraverso il telegrafo, rapporti meteorologici giornalieri provenienti da vari punti del territorio inglese che consentirono di realizzare una mappa delle condizioni meteo della Gran Bretagna.
A partire dall'otto agosto 1851, la regolare trasmissione di questi "bollettini" permise di litografare e diffondere giornalmente la mappa meteo dell'Inghilterra.
Tra le imprese che si occuparono di telegrafia elettrica non mancarono i fratelli Brett, promotori di un progetto di sviluppo delle linee telegrafiche mediterranee che coinvolse le Due Sicilie. I Brett proposero al pubblico della Great Exhibition le apparecchiature che stavano impiegando per stabilire il collegamento telegrafico sottomarino tra Dover e Calais. Il 25 settembre 1851 la linea sottomarina fu ultimata e l'ingegner Thomas Russell Crampton, responsabile dell'operazione di posa, poté annunciare l'impresa, proprio mentre la regina Vittoria stava lasciando il palco reale dopo aver dichiarato formalmente chiusa la "Great Exhibition".
A Napoli, per intanto, il Reale Istituto d'Incoraggiamento lavorò per allestire la grande mostra dei prodotti industriali delle Due Sicilie in programma per il 1853, ed il governo ricette le prime indicazioni da Parigi per l'Esposizione Universale del 1855.
[1] First Report of the Commissioners for the Exhibition of 1851 , London 1852 - Contrtributors of Plans... Appendix no. IX, page 63. Tutti i piani di costruzione proposti furono pubblicamente esposti per un mese presso la "Istitution of Civil Engineers" in Great George Street, Westminster (Londra).
[3] Directory "List of Commissioners & C. Appoined Abroad to Promote the Exhibition of 1851 in London", pag. 224 Alphabetical and Classified Index to the Official Catalogue of the Great Exhibition of the Works of Industry of All Nations 1851, London, By Spicer Brothers, Wholesale Stationers; William Clowes and Sons, Printers; contractors to the royal commission.
[4] A.S.N./M.A.I.C. - Archivio di Stato di Napoli - Ministero Agricoltura, Industria e Commercio, fascicolo 246.
[5] Giacomo Laicata, ex procuratore della legazione britannica a Napoli, naturalizzato inglese dopo la sua fuga a Londra, diverrà Sir James Lacaita, segretario privato prima di Lord Landsdowne e poi dello stesso Gladstone, per i servigi resogli al tempo delle famose lettere, alla cui stesura collaborò attivamente. Nell'estate del 1860 fece da mediatore presso Lord Russell, per convincerlo a premere su Napoleone III perché rinunciasse al progetto di impedire con la forza l'attraversamento dello Stretto di Messina a Garibaldi. Fino al 26 luglio, infatti, non era noto che il Governo Britannico si sarebbe rifiutato di unirsi a Francia e Piemonte, nel loro piano congiunto, di fermare Garibaldi e di far accettare al Borbone la perdita della Sicilia. Fino a quella data, Luigi Napoleone aveva sperato che Cavour avrebbe concluso un'alleanza con Napoli e che le grandi potenze sarebbero intervenute per fermare Garibaldi, pronto ad attraversare lo Stretto per dirigersi a Napoli. L'intervento del Lacaita (che per i suoi meriti speciali, rientrato in Italia, nel 1876 fu nominato senatore) spianò, in pratica, al Generale la strada per Napoli, accelerando il suo passaggio dello Stretto. (Tratto da libro: "L'Inghilterra contro il Regno delle Due Sicilie", Erminio de Biase, Editore: ControCorrente, Napoli 2002 )
[6] Raffaele Cotugno "Tra reazioni e rivoluzioni, Contributo alla storia dei Borboni di Napoli dal 1849 al 1860", pag. 68. M & R Frattarolo editori, Lucera 1860.
[7] First Report of the Commissioners for the Exhibition of 1851 , London 1852 - Cerimonial observed at the State opening... Appendix no. XV, page 78.
[8] Carteggio Ricasoli 12, n. 130 Archivio di Stato di Firenze, lettera da Londra alla figlia Elisabetta datata 30 settembre 1851.
[9] L'exposition universelle de Londre Michel Chevalier, Paris 1851 pag. 15 "dicesi che il Governo Napoletano abbia proibito ai suoi sudditi di partecipare all'esposizione e di fatto ho invano fatto ricerca dei prodotti del suolo ricchissimo delle due Sicilie".
[10] Per la commercializzazione dei tessuti di San Leucio e tra questi il "gros de Naples", si fittò al Sedile di Porto una bottega e, qualche anno dopo, un negozio nella grande strada di Toledo. Successivamente si aprirono numerosi altri spacci e punti vendita in tutta Napoli e nelle grandi città del Regno delle due Sicilie. Anche all'estero il tessuto leuciano ebbe grande riscontro, si vendeva all'ingrosso a Londra, Corfù, Tunisi, Tripoli e si hanno notizie di primi contatti con le Americhe. La produzione di questo tipo di tessuto si stabilì anche in Sicilia, nell'importante distretto delle filande seriche di Catania e Messina, tant'è che la variazione locale del "Gros de Naples", assunse anche il nome commerciale di "Gros de Messine".
[11] Prof. Davide Borrelli, "L’immaginario al potere. Moda, modernità e prime forme di industria culturale a Napoli a cavallo tra XIX e XX secolo", dal catalogo della mostra documentaria "#campaniatextilis - I luoghi storici della produzione tessile e le manifatture per la moda in Campania", Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli - Dipartimento di Scienze Umanistiche 4 dicembre 2019 – 5 marzo 2020, pag. 16.
Completato nel 1851 a Londra su di un area di 92.000 mq in Hyde Park, il Crystal Palace fu progettato dal botanico e costruttore di serre Joseph Paxton (1801-1865). L'edificio, per la monumentalità e le innovazioni tecniche adottate è considerato anticipatore della moderna architettura. Realizzato per celebrare la prima Esposizione Universale, il progetto di Paxton fu approvato al termine di un concorso internazionale di idee a cui partecipò la ditta anglo-napoletana "Guppy & Co.". Il nome dell’edificio lo si deve ad un articolo dello scrittore Douglas Jerrold sul settimanale satirico Punch in riferimento al suo aspetto diafano e vitreo. Al termine della Great Exhibition, il Crystal Palace fu smantellato e ricostruito nel 1852 nella zona sud di Londra, a Sydenham Hill. nel tentativo di riutilizzarlo come spazio espositivo. Il 30 novembre 1936, l'edificio fu completamente distrutto da un incendio.
Pianta dei padiglioni espositivi all'interno del Cristal Palace. In rosso è evidenziato lo stand "Italy and Sardinia", dedicato alle delegazioni degli Stati Sardi, Stati Pontifici e Granducato di Toscana. Lo stand si articolò in una corte divisa in tre sezioni, posta al pian terreno del transetto della "North Gallery", ed un piccolo locale sovrastante posto nella galleria del primo piano. In giallo è evidenziato lo spazio dedicato ai "Philosophical Istruments", lo stand ove tra le altre novità, come telescopi e microscopi, furono esposti i vari modelli di telegrafi elettrici.
Padiglione Italia alla Great Exhibition. Lo spazio interno fu diviso in tre porzioni sulla destra alla "Toscana", al centro "Roma" e sulla sinistra "Sardegna". Da notare che la suddivisione dello spazio tra partecipanti non fu titolata con la denominazione delle tre entità statali, ma con il semplice riferimento al territorio di provenienza sotto l'unico titolo di Italia. Nello stand della Sardegna fa bella mostra di se un trofeo realizzato con bandiere tricolorate e lo stemma di casa Savoja al centro. I prodotti esposti nell'intero padiglione non vanno oltre la produzione semi artigianale.
"Carlo Poerio ed i suoi compagni visitati da Lord Gladstone nel bagno penale di Nisida", da Historie d’Italie, terza edizione 1860, pag.129 di Joseph Ricciardi, illustrata da Charles Mettais, Ed. Gustave Barba Parigi. L'immagine è una elaborazione di fantasia dell'incontro tra Gladstone e Poerio, contenuta nella "Storia di'Italia", opera concepita per il pubblico francese a fini di propaganda unitaria, dal fuoriuscito napoletano Giuseppe Ricciardi, conte dei Camaldoli, mazziniano e massone.
Le armi delle nazioni partecipanti alla Esposizione di Londra del 1851. Il quadro araldico non comprende le colonie inglesi che pur parteciparono alla Great Exhibition.
Dalla sinistra: il pugliese Giacomo Filippo Lacaita (1813 – 1895), l'emiliano Antonio Genesio Maria Panizzi (1797 – 1879) ed infine un altro pugliese, Giuseppe Massari (1821 - 1884). Tre rifugiati politici al servizio della Gran Bretagna e del regno di Sardegna, particolarmente attivi in azioni di spionaggio e nel supportare Gladstone nella sua campagna anti-napoletana. Tra i tre, Giuseppe Massari, uomo della destra storica, si distinse dopo l'unità d'Italia per le sue iniziative contro la resistenza legittimista ed anti-savojarda, sua, difatti, fu la commissione d’inchiesta sul brigantaggio che aprì le porte alla famigerata Legge Pica.
Schema del telegrafo elettro-magnetico a doppio ago di William Henley presentato alla Great Exhibition di Londra del 1851. La macchina fu adottata per la prima linea telegrafica tra Napoli e Gaeta nel 1852, successivamente sostituita dal modello Henley ad un ago, costruito a Napoli nella versione elaborata dal 1° Tenente della Real Marina John de Normann. La tavola è tratta dall'articolo del cav. Bernardo Quaranta "Della Linea telegrafica magneto-elettrica di Napoli" pubblicato su "Annali Civili", Volume XLVII del gennaio-aprile 1853 pag. 5.
1° maggio 1851, inaugurazione della Great Exhibition of the Works of Industry of All Nations alla presenza della Regina Vittoria. Attorno a lei ci sono alcune delle figure più importanti della società britannica, tra cui il principe Alberto, che fu uno dei principali organizzatori dell'evento, l'anziano duca di Wellington e l'arcivescovo di Canterbury, John Sumner, che officiò gli aspetti religiosi degli eventi. All'inaugurazione partecipò il corpo diplomatico accreditato presso il trono inglese tra cui Paolo Ruffo di Bagnara, principe di Castecicala, ambasciatore a Londra del regno delle due Sicilie. Dipinto di Eugene-Louis Lami, © Victoria and Albert Museum, London 2023.